lunedì 24 ottobre 2011

Morire di Sport


Approfitto della tragedia che è toccata ieri a Sic per ricordare (e ricordarmi) questo nefasto 2011 per le due ruote (con o senza motore) ma anche per lo sport in generale.

Sarebbe sbagliato essere ipocriti e affermare che non ha senso morire nello sport, perché ciò che rende lo sport affascinante per tutti noi che lo pratichiamo e lo seguiamo è anche la sua componente di rischio, sarebbe poi giusto ricordare che nell'anonimato ogni anno in Italia muoiono circa 1000 persone facendo il proprio lavoro, e quasi nessuna di loro facendo un lavoro che amavano, a differenza di Sic, di Tondo, di Wouter, ma resta comunque quel senso forte di impotenza, di consapevolezza che tutto è finito, che davvero facciamo fatica a mandare giù.

Avevo quattro anni quando vidi in TV quel volo terribile di Gilles Villeneuve, il protagonista dei poster della mia cameretta color rosso ferrari, ne avevo poco più di venti quando la stessa fine toccò a Michele Alboreto, che con lui condivise la rossa e i poster della mia cameretta, nel frattempo avevo visto la fine di Ayrton Senna in un'incidente davvero ancora privo di ogni logica, nel frattempo mi ero appassionato al ciclismo e già lo praticavo quando ho visto quel volo terribile di Fabio Casartelli.

Quest'anno però sembra che lo sport raggiunga un martoriamento davvero senza precedenti, a Maggio il Giro aveva dovuto dire addio a Wouter Weylandt una delle promesse del ciclismo internazionale, e poco dopo era toccato salutare Tondo Volpini, una dei più grandi interpreti attuali di questo magnifico sport. Poco più di un mese fa l'intera squadra del Lokomotiv Yaroslav è stata spazzata via in una tragedia aerea che non può lasciare indifferente nessuno, tanto meno un tifoso del Torino come me, che a distanza di 52 anni ancora piange una tragedia aerea simile.

La morte però ieri del Sic ha qualcosa di diverso, perché lui era uno di quelli che eravamo abituati a vedere in terra, a fare schianti assurdi e rialzarsi come se fosse niente, i suoi team manager spesso scherzavano dicendo che se gli avessero trattenuto i soldi delle moto distrutte avrebbe dovuto pagarli lui anziché loro. Forse anche per questo sembra ancora più inverosimile, perché ci si illude che a uno come lui non toccherà mai, invece a 24 anni, nell'anno che sembrava a detta di tutti il suo anno della maturità, un botto terribile lo ha portato via con quel gesto beffardo del destino che fa sì che spetti al tuo migliore amico prenderti in pieno, perché il destino non si accontenta di strappare un ragazzo solare alla vita ma vuole lasciare segni indelebili.

Aggiungo solo un pensiero a Mario Delle Cave, promessa del basket italiano, destinato a detta di molti a seguire le orme di Bargnani, travolto sul suo scooter da una camionetta dei carabinieri che aveva perso il controllo, morte che davvero grida vendetta, perché ci si può schiantare mentre si apre tutto il gas in una curva, in una discesa pericolosa, ma non perché chi è pagato per garantire la nostra sicurezza si trasforma nel nostro primo pericolo.

2 commenti:

  1. Non sono un appassionato di motociclismo però la morte di un ragazzo di 24 anni mette sempre molta tristezza ...

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  2. Vero, purtroppo queste cose lasciano davvero sempre con poche parole

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